La scultura prende ispirazione dal Golem, la figura mitica dalle sembianze umane, priva di facoltà intellettive ed esente da qualsiasi tipo di emozione, ma dotata di una forza sovrumana, che appartiene alla tradizione cabalistica ebraica e che una leggenda vuole creata con una massa di argilla tratta dal fiume Moldava dal rabbino praghese Jehuda Löw – alla fine del secolo XVI durante il regno di Rodolfo II – per difendere la comunità ebraica di Praga dai suoi persecutori. Inaspettatamente, però, il Golem cominciò a crescere, diventando sempre più violento e incontrollabile e arrivando a uccidere alcuni ebrei e non. A quel punto il rabbino dovette intervenire: mutando la parola emet (verità), che aveva incisa sulla fronte del Golem, in met (morte), gli tolse la vita e lo nascose per sempre nella sinagoga vecchia-nuova di Praga. Il Golem (dall’ebraico golem, embrione, massa grezza), la cui vicenda leggendaria è stata ripresa con diversi esiti dalla letteratura nei secoli successivi, in particolare dal Romanticismo, ispirando nel Novecento anche eventi catastrofici si avvia a diventare di volta in volta arido sconfinato deserto o malsana e perniciosa palude, in cui la vita umana si farebbe difficile e infine impossibile. D’altro canto, il Golem di Agrimi si fa lampante e toccante paradigma della problematica condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo, in cui la sistematica e pressante invadenza dei media provoca pericolose e persistenti ansie e insinua continuamente dubbi nella mente degli individui. Un’epoca in cui l’intelligenza artificiale scardina ogni certezza, al tempo stesso creando inedite, false ed effimere verità, che possono essere sconfessate solo attraverso un impegno continuo e approfondito dei singoli e delle comunità. Ancora una volta, Agrimi – con una proposta originale e dunque sorprendente, ma al tempo stesso convincente – fa ricorso al paradosso per aiutarci a prendere atto di quanto di primo acchito può sembrarci lontano nel tempo e nello spazio, ma che invece oggi ci riguarda tutti indistintamente e dappertutto. Non è un Golem che salverà il nostro pianeta, ma solo l’azione responsabile, determinante, concreta e ormai improcrastinabile dell’umanità. Non è un Golem, che darà all’uomo contemporaneo la serenità e l’equilibrio, indispensabili per guardare con fiducia il futuro e affrontarlo con coraggio. Altrimenti, sarà la fine. La nostra. La Terra potrà fare a meno di noi.
Lia De Venere
Artista eclettico, opera nel campo dell’arte contemporanea dal 2001. È docente di Tecniche della Pittura all’Accademia di Belle Arti Di Roma. Le sue creazioni variano tra pittura, scultura, fotografia, video, installazione e performance. Le più recenti sperimentazioni sono il frutto di una ricerca maniacale volta alla perfezione del risultato artistico. Mette in scena un iperrealismo che amplifica le emozioni e riduce la distanza tra realtà e finzione. Le sue opere sono presenti in diverse collezioni in Italia e all’estero. Ha partecipato a numerose fiere internazionali, esposizioni collettive e personali in gallerie ed istituzioni di tutto il Mondo tra cui la 54°esposizione internazionale d’Arte Biennale di Venezia. Ha collaborato con una nota multinazionale inglese per la realizzazione della campagna pubblicitaria del 2014. La stessa campagna ha goduto di visibilità mondiale. Negli ultimi mesi è impegnato nella produzione del prossimo ciclo di opere pittoriche
destinate al mercato dell’arte degli Stati Uniti.
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